Accanto alla gente nonostante i pericoli

2019-03-21T12:29:21+00:0026 Agosto 2018|News|

Da circa quattro anni il Centrafrica sta attraversando una crisi mai vista.

In Europa non se ne parla molto, ma bisogna sapere che la maggior parte del Centrafrica è occupata dai ribelli che impongono alla gente e anche allo Stato la loro legge. I ribelli si sono installati nelle zone dove ci sono le ricchezze naturali come oro, diamanti, petrolio e uranio. Lo sfruttamento del sottosuolo è nelle loro mani, ma iribelli sono a servizio delle grandi potenze, le quali vogliono destabilizzare il Paese e impadronirsi delle sue ricchezze. Per raggiungere i loro scopi usano anche la religione diffondendo, in modo falso, che il conflitto in Centrafrica è un conflitto di religione, tra musulmani e cristiani. Ma non è cosi.

Purtroppo anche la religione è usata come strumento per mettere gli uni contro gli altri e cosi, creando questa confusione… i potenti hanno via libera per fare i loro interessi e rubare le ricchezze del Paese. Questo è molto triste perché è a prezzo di vite umane innocenti!

Bouar, è la città più tranquilla, ma bisogna dire che in cinque parrocchie su dodici della Diocesi c’è la presenza di quattro gruppi armati di ribelli.

I sacerdoti, le suore, i catechisti danno una bella testimonianza di coraggio nel rimanere accanto alla gente nonostante i pericoli. Alcuni frati sono stati picchiati oppure minacciati, ma nonostante tutto questo non lasciano la gente.

A Bangui e a Bambari, in questi ultimi mesi sono stati uccisi due preti e più di trenta cristiani.

Il primo maggio, festa di San Giuseppe, i membri del “gruppo di S. Giuseppe” si sono radunati per fare le loro promesse durante la celebrazione eucaristica. Mentre pregavano hanno sentito degli spari prima nel quartiere e poi un gruppo di musulmani si è avvicinato alla chiesa e ha sparato sulla gente.

I preti e i fedeli correvano per mettersi al riparo; una donna rimasta dietro l’altare gridava chiedendo aiuto. Don Joseph l’ha sentita e si è avvicinato per calmarla e portarla al riparo.

Dopo essere riuscito a calmarla, una pallottola l’ha colpito ed è morto sul colpo. La donna si è salvata. Questo sacerdote ha dato la vita. È un seme di pace.

A Bambari, ci raccontava un testimone che, mentre i sacerdoti erano a tavola, i ribelli armati hanno forzato la porta. I sacerdoti si sono radunati in un angolo spegnendo la luce, ma i ribelli sono entrati e hanno chiesto i soldi.

Don Firmin, vicario del Vescovo, si è presentato e gli ha dato tutto quello che aveva dicendo « prendete quello che volete ». I ribelli, senza dire niente, hanno sparato su di lui che, con le ultime forze che gli restavano, chiedeva: “Perché mi uccidete?”.

E poi è caduto per terra e i tentativi per salvarlo sono stati inutili. Dopo la mezzanotte, Don Firmin è morto nel blocco operatorio dell’ospedale di Bambari.

È il quinto prete ucciso da quando è iniziata la crisi. Il numero della gente uccisa si conta a migliaia. I responsabili, ben conosciuti, godono sempre della libertà, i ribelli fanno quello che vogliono. La legge di più forte è sempre in vigore, nonostante la presenza delle forze internazionali nel Paese.

Noi crediamo che il Signore non ci abbandonerà e ci affidiamo alla vostra preghiera e a quella di tanta gente per continuare ad avere la forza di resistere e di andare avanti con speranza. Preghiamo sempre per la pace e per la conversione dei cuori di quelli che fanno il male.

Volgiamo il nostro sguardo a Cristo, il primo missionario del Padre, Lui solo è la sorgente della nostra forza e della nostra speranza.

Noi siamo dei “ mandati” per lavorare nella “ Sua vigna” e quindi continuiamo ad affidarci a Lui, a credere che Lui porterà a termine la sua opera di salvezza anche per il nostro popolo del Centrafrica.

 

(Tratto dall’omelia del 29 luglio 2018, a Genova, in occasione del 40° anniversario di Consagrazione Episcopale di mons. Armando Gianni)

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