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Procuratore delle Missioni: questo l’ufficio assegnatomi nel 1975. Accettai di buon animo, pensando che il mio compito fosse più facile di quello che fu in realtà. La nostra Missione era appena nata, non era conosciuta. Nonostante il mio impegno non riuscivo a rispondere alle richieste, seppur modeste, dei missionari. Parlavo della Missione ai pellegrini che incontravo al Santuario, ma purtroppo mancavano i mezzi per l’animazione ed io stesso ero poco informato sulle attività della Missione. Non esisteva la mostra missionaria che fu in seguito un grande aiuto soprattutto per la sua posizione strategica accanto al meraviglioso presepio. Non avevo il coraggio di andare nella Missione perché il costo del viaggio incideva pesantemente sulle nostre povere risorse finanziarie. I missionari erano delusi della mia opera, pensavano non m’impegnassi a sufficienza. Come mi fu possibile partire per la Repubblica Centrafricana? Il 1° aprile del 1977 vendetti il primo flaconcino dell’essenza di lavanda, allora chiamata “pietrabrunese” perché quest’olio veniva dal mio piccolo paese natio, Pietrabruna (IM), dove allora si coltivava la pianta dalle tante proprietà. Il prodotto era gradevole e il profumo piacevole. Offrivo i flaconcini ai gruppi di pellegrini che accompagnavo alla visita del presepio. Ogni mese la vendita dei flaconcini aumentava notevolmente. Nell’ottobre del 1977 partii anch’io per l’Africa. L’essenza di lavanda è stata la maggior risorsa della Procura Missionaria fino agli anni ’90 e ha permesso lo sviluppo delle Missioni e in particolare la costruzione del grande seminario di Yolé a Bouar. Nello stesso tempo m’impegnavo per preparare futuri missionari come animatore per le vocazioni nel Seminario posto accanto al Santuario. I nostri missionari sono quasi tutti frutti del Seminario di Arenzano. Molti degli attuali indirizzi di Amicizia Missionaria sono dei ragazzi, ormai cresciuti, che allora ricevevano il giornalino “Ragazzi in gamba”, pubblicazione a scopo vocazionale.

Mi avvicinò ulteriormente all’Africa l’esperienza al Seminario di San Marco a Bangui, dove, dal 1982 al 1985, ho insegnato Storia della Chiesa (durante il primo quadrimestre; nel secondo ero impegnato alla facoltà teologica di Genova). Fui invitato a Bangui dalla Conferenza Episcopale della Repubblica Centrafricana alla quale mancava il professore della mia materia. Non ero partito con i primi missionari pur avendolo richiesto, ma per primo ho lavorato come missionario a Bangui. La domenica celebravo la Santa Messa nella foresta, dove nessuno dei nostri missionari era mai giunto (all’arrivo a Bangui partivano immediatamente per la savana per lasciare il clima caldo e umido della capitale). Il mio soggiorno al Seminario di Bangui ha influito senza dubbio sulla scelta del terreno per la futura fondazione del Carmel vicino al Seminario dove, professori e studenti si recano ogni giorno.

Gli anni ’90 mi hanno offerto nuove esperienze. Nel 1990 sono inviato a collaborare alla fondazione del Carmelo di Nairobi (Kenya) dai superiori di Roma. Si allarga un pochino il mio orizzonte sull’immensa Africa. Nel marzo del 1991 Gesù Bambino mi porta in India via Nairobi, nel caldo umido del Kerala. Da anni, senza successo, cercavo suore per il Seminario a Yolé. Nel novembre 1991 giungono le suore indiane e qualche anno dopo anche i padri: si allargano confini.

La nostra Missione è dedicata a Gesù Bambino di Praga. Per noi di Arenzano e per i devoti di Gesù Bambino questa città è un sogno. Solo nel 1993, quando sono giunto a Praga, mi sono reso conto della delusione che i fedeli provavano all’arrivo alla meta sognata. Mi ero rivolto quindi varie volte al Superiore Generale, p. Felipe Sáinz de Baranda Sanchez, perché chiedesse all’Arcivescovo di Praga di invitare i Carmelitani a ritornare nella loro chiesa. Non mi sarei mai sognato che toccasse proprio a me organizzare questo ritorno. Il 6 giugno del 1993 giunsi a Praga e mi furono consegnate le chiavi della chiesa. A Praga fui “insignito” del titolo di missionario. Come? Nel libro della diocesi, nell’elenco dei missionari di origine straniera c’è il mio nome.

Ben presto mi venne il desiderio di creare un ponte tra la ricca Repubblica Ceca e la povera popolazione della Repubblica Centrafricana, facendo conoscere la Missione a quanti avvicinavo. Nel 1996 partirono per la missione di Bozoum tre ragazze impiegate nel negozio dei ricordi del santuario. Ebbero il coraggio di rimanere nella Missione di Bozoum per sei mesi. Grazie ad una di loro incontrai, nel 1998, il giovane dottore Marcel Drlìk che poi trascorse tutto il 2000 nella Missione di Bozoum. Manifestò il suo amore per gli abitanti di Bozoum nel suo libro “Un dottore di Praga nel cuore dell’Africa”. Tradotto in sette lingue, fece conoscere e amare la Missione in molte parti del mondo. Ho continuato anche a Praga ad accogliere calorosamente i pellegrini, come usavo fare ad Arenzano. Questo lavoro quotidiano, continuato per anni, ha formato la grande rete di amici che ormai sentono propria la nostra Missione e la continueranno ad aiutare anche quando io sarò volato al Cielo.

La mia frequente presenza a Bangui per la cura delle piante del Carmel mi aiutò molto per l’animazione missionaria.  Tutti erano e sono però d’accordo ad avere nella Missione un Convento di Monache Carmelitane contemplative. A tale scopo visitai diversi luoghi e infine decisi di comprare, con l’aiuto della Conferenza Episcopale Italiana, i primi quaranta ettari dell’attuale Carmel. Come sfruttare il terreno? Non con il caffè perché nella zona di Mbaïki piantagioni fiorenti erano abbandonate. Incontrai l’agronomo Mathurin Tciatad dell’università di Yaoundé; fece l’analisi del terreno e mi consigliò la coltivazione di palme da olio con la palma Elaeis guineensis. Ma nel terreno del Carmel non c’era nessun pozzo. Mi fu di aiuto p. Louis delle Beatitudini e il vivaio si impiantò al loro monastero di Boy Arab, dove germogliarono i primi semi delle 1400 palme che il 1° agosto del 2000, Anno Giubilare, cominciarono a svilupparsi sulla superficie del Carmel. Ma quando dopo tre anni si cominciò a ricavare il prezioso olio, i lavoratori stessi si resero conto della preziosità delle piante. Risultato? Di giorno le piante erano messe a dimora, la notte “andavano” altrove. Ho calcolato che la sorte sia toccata a un migliaio di esemplari. Negli anni seguenti si continuò la piantagione e da 40 ettari si arrivò a 131 con l’intenzione di procedere alla riforestazione, dato che in passato il terreno era occupato dalla foresta, come dimostrano alcuni esemplari di piante rimaste.

Si arrivò alle attuali 15.000 palme che insieme con altra vegetazione creano la stupenda immagine del Carmel. Gran parte della superficie del Carmel è resa verde anche dalle piante di teak, scelte per la preziosità del legno, ma soprattutto per la resistenza della pianta ai frequenti incendi. Con le palme e gli alberi di teak stanno crescendo tipiche piante della foresta, compreso la preziosa pianta dell’ebano.

Nel 2003 ho avuto un’idea: sul declivio della collina, con la scritta in pietra CARMEL, di lettere grandi 12 metri, è stata “battezzata” la superficie della Missione. La scritta è visibile dal satellite in mezzo ad un’oasi di verde tra le abitazioni tutto intorno. Non so quanti anni vivrò ancora, ma la scritta CARMEL spero rimanga per secoli.

Negli incontri mi è spesso chiesto qual è il mio paese di origine. Approfitto della domanda per parlare della Missione e scherzando mi dichiaro nero e nato nella Repubblica Centrafricana. Vengo ascoltato con interesse e trasmetto agli ascoltatori quell’entusiasmo missionario che arde in me, in particolare per il Carmel di Bangui.

Dopo questi flash, che attraversano 50 anni, voglio ringraziare Gesù Bambino che mi è stato continuamente vicino, i confratelli che mi hanno sempre incoraggiato e soprattutto la Procura Missionaria di Arenzano che è stata ed è il grande ponte tra noi e i missionari.

P. Anastasio Roggero