Sono in Centrafrica da 31 anni. Oggi il mio primo pensiero va a p. Norberto Pozzi, gravemente ferito da una mina anti-carro. C’è stata veramente un’ondata di preghiera e di affetto per p. Norberto.

Da dove arrivano le mine? Chi le posiziona?

Purtroppo arrivano dai nostri paesi, non sono artigianali. Sono messe in genere da gruppi ribelli che vogliono tenere lontano militari, caschi blu e soprattutto i mercenari del gruppo Wagner, presenti in Centrafrica da un po’ di anni. Pensate che solo nelle prime sei settimane dell’anno ci sono già stati quattordici incidenti dovuti alle mine.

P. Aurelio, può aiutarci a comprendere meglio quale situazione vive la Repubblica Centrafricana?

È una nazione grande il doppio dell’Italia che vive da decenni in una guerra a volte ad alta e a volte a bassa intensità. Dal 2012 al 2014 c’è stato un momento di tensione altissima con un conflitto vero e proprio che si era anche diffuso tra le varie comunità tra musulmani e non musulmani.

Gli scontri purtroppo continuano ancora adesso. In questi mesi, i fatti di cui il Centrafrica è teatro rischiano di far ricadere il paese in una condizione molto più grave.

Da qualche mese il Presidente sta cercando in tutti i modi di essere rieletto per un terzo mandato, a costo di modificare la Costituzione, che a oggi non lo permetterebbe. La Corte Costituzionale, presieduta da una donna, si è opposta per tre volte a questa richiesta. Sapete cosa ha fatto il Presidente? Una cosa a mio parere gravissima: ha sostituito con un’altra persona la Presidente della Corte Costituzionale.

Nel frattempo lo Stato si affida ai mercenari del gruppo Wagner per arrestare l’avanzata dei ribelli. Il momento però è molto difficile, i mercenari non lo fanno gratuitamente quindi il paese sta usando tutte le risorse che ha a disposizione (oro, diamanti, legname…) che passano nelle mani dei russi e dei cinesi.

La classe politica come affronta questa situazione?

La classe politica continua a prendere strade diverse. Il Centrafrica per esempio è il secondo paese al mondo ad aver adottato le cripto monete come moneta legale, in un periodo in cui le cripto monete stanno affondando. Spesso questa modalità è usata per evitare i controlli di alcuni pagamenti.

Un altro problema è l’aumento del 70% del prezzo del carburante. Nei mesi passati non sono mancate manifestazioni a Bangui, ma non c’è stata nessuna protesta per l’aumento del carburante. L’assenza di reazione mi sembra un dato che faccia riflettere e dobbiamo fare un grosso lavoro soprattutto nell’educazione e nella formazione.

Ci racconta qualche esempio concreto di cosa state facendo per costruire la pace in Centrafrica?

Lavoriamo ogni giorno per questo. Io stesso ho mediato in diversi intervalli con i banditi che avevano preso il potere nel 2013.

Ci sono però due momenti che voglio ricordare: il primo risale al 2013-2014 quando abbiamo vissuto il colpo di Stato con l’invasione delle milizie che parlavano arabo. Dopo la loro presa del Governo c’è stata una reazione degli anti-balaka (milizie cristiane formatesi in quel periodo). A Bozoum tra dicembre 2013 e gennaio 2014 sono morte almeno un centinaio persone a causa di questo conflitto. C’erano 5.000/6.000 persone rifugiate in parrocchia ed è stato un momento in cui la chiesa è diventata un ospedale da campo e un luogo di rifugio in modo ancora più evidente. Nel novembre 2014 mi sono permesso di invitare la comunità parrocchiale a destinare l’offertorio di una Messa domenicale per i fratelli e le sorelle musulmani rimasti in Centrafrica.

A seguito della mia richiesta, la domenica sul sagrato c’erano tantissimi prodotti (manioca, arachidi…) portati dalla popolazione locale e il contributo in soldi, durante l’offertorio, era il quadruplo rispetto alle altre domeniche. Questa cosa mi ha toccato perché la popolazione aveva capito che la guerra non aveva portato a niente, che siamo tutti fratelli e che bisogna sempre ricominciare.

Il secondo momento che voglio ricordare è più recente. Nel 2020 c’è stata di nuovo una fase di alta tensione a causa di un gruppo di ribelli che ha tentato di prendere il potere, ma in quest’occasione tutti hanno fatto molta attenzione a non farlo diventare un conflitto religioso. Questo significa che, nonostante tutto, c’è comunque una crescita di responsabilità e coscienza nella gente locale che dobbiamo continuare a coltivare. Cristo è la prima via di pace.

Vuole aggiungere un messaggio finale?

Concludo dicendo che tra i semi di speranza, da quasi vent’anni, organizziamo una Fiera Agricola a Bozoum.

In questa Fiera c’è un concorso dedicato agli orti. Quest’anno siamo passati da venti a trentanove. Ciò che mi ha veramente toccato è che di questi trentanove, cinque sono stati creati da ragazzi e ragazze delle scuole medie e del liceo. Questo per me è un piccolo ma significativo segno che infonde fiducia perché se i giovani iniziano a capire che con il lavoro e la pazienza si può creare qualcosa, allora non manca la speranza per il futuro del Centrafrica.

Milano, 18 febbraio 2023

Moderatrice del convegno Lucia Capuzzi, 

giornalista di Avvenire