Ne senti sempre parlare. Hai visto documentari, foto. Ne ascolti le notizie al telegiornale. Te la immagini come un luogo sterminato, che si perde a vista d’occhio.

Il primo pensiero che ho avuto scendendo dalla scaletta dell’aereo all’aeroporto di Bangui è stato: sono davvero in Africa! E a suggerirmelo ha contribuito sicuramente il caldo afoso e umido che mi si è appiccicato all’istante sui vestiti – caldo a cui certo non siamo abituati da noi, men che meno a marzo.

Di colpo siamo stati come catapultati in un altro mondo e in un’altra epoca. Mi sono sentita, in un attimo di presunzione, Oriana Fallaci e Ryszard Kapuściński insieme in uno dei loro innumerevoli viaggi in giro per il continente a scoprire e a perdersi nella cultura e nelle usanze locali. Ma tralasciando questo sprazzo di indole esploratrice e la gioia di essere in un posto nuovo e così importante, quello che davvero mi animava gli occhi e il cuore era sapere di essere lì a fare ciò che amo di più: Teatro. Qualcuno si domanderà: ma cosa c’entra con l’Africa? Il Teatro c’entra con tutto.

Ma andiamo per ordine. Stipati in undici su una jeep fra strade sterrate e piene di buche, i miei compagni e io, “capitanati” da p. Davide, siamo arrivati con il sole già tramontato da parecchio alla Missione.

In Repubblica Centrafricana, i Padri Carmelitani del Santuario di Gesù Bambino di Praga hanno ormai da cinquant’anni le loro missioni. Baoro, cittadina di case di fango e paglia lungo la strada, è una di queste. Siamo stati qui per due settimane a lavorare con i bambini della Scuola “Martyrs Africains” delle Suore Carmelitane di S. Teresa: trecentottanta studenti, dalla prima elementare alla prima media, suddivisi in sette classi.

Sette cerchi grandissimi di maglie gialle e pantaloncini marroni, ognuno dei quali ogni mattina si riuniva nel cortile, superando il pozzo per l’acqua potabile e calpestando quella terra rossa che colora qualsiasi cosa. Noi de “Il Sipario Strappato” di Arenzano e altri volontari in mezzo a loro.

Il lavoro svolto è stato un crescendo di energia, entusiasmo e concentrazione, con i bambini e i ragazzi alle prese con qualcosa mai forse purtroppo sperimentato, ma innato in ognuno di noi: il gioco. Il gioco teatrale, infatti, così come il metodo didattico del Teatro “Il Sipario Strappato” propone, permette di metterci in relazione con gli altri e con se stessi, superando le proprie timidezze e insicurezze, conoscendo ed esprimendo le proprie emozioni, imparando l’importanza dell’ascolto e del gruppo, alimentando qualcosa che abbiamo tutti, non costa nulla ed è infinita: l’immaginazione.

Einstein diceva che “la conoscenza è limitata, mentre l’immaginazione abbraccia il mondo”. Se a questa affermazione inconfutabile si aggiunge che ciò che fa battere il nostro cuore è lo stesso in ogni angolo del pianeta – amore, rabbia, paura, felicità, sorpresa, coraggio muovono l’uomo dalla notte dei tempi – ecco che il Teatro diventa quel luogo magico e senza tempo che racchiude tutto questo e fa danzare insieme le anime di chi lo vive.

Il Teatro è un ponte, il mediatore interculturale per eccellenza, supera ogni barriera, fisica, mentale e linguistica e non dico una bugia se affermo che in quelle settimane a Baoro siamo arrivati a parlare ognuno la propria lingua e a capirci perfettamente.

La bellezza di quanto nato in quelle ore nella scuola, inoltre, ha incuriosito e coinvolto tutta la popolazione locale, e abbiamo organizzato in itinere laboratori con ragazzi di tutte le età nella missione o con i frati del seminario di Bangui, una volta sulla via del ritorno. È stato un lavoro di scoperta e di messa in gioco costante, in primis per noi, ma anche per tutta la comunità di Baoro, riunitasi l’ultimo giorno vestita a festa per la festa finale. Tutta la scuola si è esibita. I ragazzi ci hanno stupito con la loro reattività ed energia. Ed è sulla loro energia che bisogna continuare a lavorare e a investire grazie alla presenza dei missionari in questa terra difficile e amara.

È aprendo delle possibilità sociali e culturali partendo dalla scuola che forse questi giovani potranno prendere in mano il loro futuro.

Quanto vissuto da ciascuno di noi in questa esperienza è stato potente, importante e sicuramente solo una goccia nel mare delle necessità e dei bisogni di questo popolo. Ma è anche vero che il mare – come ci piace dire – è fatto di tante gocce.

Sara Damonte

Direttrice Artistica Teatro Il Sipario Strappato