Risuonano ancora nelle orecchie le vocine dei bambini che, ogni volta che sentivano passare la macchina della missione, chiamavano “Père Marco, Père Marco!”. Mi sembra di sentire P. Marco che in Sango rispondeva ai bimbi più frizzanti di non arrampicarsi sul cassone dell’automobile in movimento. Che energia, che sorrisi, che vitalità! Non vorrei cadere nel cliché dicendo che degli occhi così puri, vivaci e sinceri non li avevo mai incontrati, ma è così.

La nostra esperienza è durata un mese. Trenta giorni intensi dove abbiamo lasciato i comfort e l’agio per dare spazio all’essenzialità e alle relazioni autentiche.

Mi chiamo Alessia, ho venticinque anni, vengo da un piccolo paese in provincia di Cuneo e “da grande” vorrei fare la dentista. Il mio percorso di vita si è incrociato con quello dei Padri Carmelitani di Arenzano e non posso che esprimere la mia immensa gratitudine per avermi accolta a braccia aperte e cuore spalancato in questo progetto.

Il 25 luglio 2024, ho incontrato i miei compagni di viaggio, prima ad Arenzano e poi all’aeroporto di Milano Malpensa diretti in Centrafrica. Con gli occhi e l’animo vergini, sono partita carica di spirito di adattamento e di curiosità. Bangui e poi Bozoum, passando per Bossentelé, Baoro e Bouar. Che cosa sono queste città oltre che nomi sconosciuti che, curiosamente, iniziano tutti con la lettera B? Questi piccoli o grandi villaggi, per poche ore o giorni, sono stati la mia casa in terra centrafricana.

Scoprire la realtà delle missioni è stato per me disarmante e veramente commovente. Quale fosse il mio compito in missione, l’ho scoperto giorno per giorno. Mi è stato infatti simpaticamente attribuito il ruolo di “jolly” del gruppo. Ho fatto da traduttrice a un corso d’informatica tenuto  da Guido, un amabile signore di settantadue anni che ha rinnovato il suo volontariato per il secondo anno (come biasimarlo?). Abbiamo affiancato due gruppi di volenterosi giovani che avevano voglia di scoprire le nozioni basi dell’informatica. È stato sorprendente accorgersi di quanto, per esempio, non sia per nulla scontato riuscire a usare il mouse.

Insieme ad Antonella, ho inoltre affiancato Dario, il tuttofare della nostra squadra che si è occupato di imbiancare una casa della missione che avrebbe poi ospitato futuri volontari. Ho imbiancato e dipinto porte al meglio. Mi sono data da fare come potevo perché la mia esperienza in campo odontoiatrico non mi permette ancora di curare i pazienti.

Nelle giornate più tranquille ho cucinato con Fabienne ed Eveline, le cuoche, sfornando strudel di zucca (molto apprezzati da P. Marco) e crostate al burro di arachidi.

Il gruppo era inoltre formato da Sara e Francesco, un medico e un infermiere, che si occupavano del Dispensario del villaggio. A loro il compito più arduo, perché confrontarsi con il dolore non è facile, soprattutto quando i pochi mezzi a disposizione non consentono cure esaustive.

Eravamo una squadra di giovani molto affiatati. Quando non ci dedicavamo alle nostre mansioni occupavamo al meglio il nostro tempo scendendo al villaggio con P. Marco. Da quando sono tornata in Italia, nelle giornate frenetiche per la nostra smania di fare, produrre e consumare, mi manca terribilmente la vita lenta e semplice che solo in Centrafrica ho vissuto. La terrazza di Bozoum appare ora nei miei ricordi come un luogo incantato che al mattino presto ci regalava una vista mozzafiato sulle capanne e gli alberi, illuminati dalla prima luce dell’alba. La giornata in Centrafrica inizia molto presto, segue il ciclo del sole e come tale è estremamente naturale. L’Africa ti entra dentro molto più velocemente di quanto si possa credere. Riabituarsi ai ritmi occidentali è difficile, dimenticare cosa si è vissuto è impossibile. Con la speranza di poter tornare una volta laureata e con più esperienza in campo pratico, ringrazio i Padri Carmelitani di Arenzano per tutto ciò che fanno quotidianamente per le numerose missioni e in particolare P. Davide per l’opportunità che mi ha donato.

Alessia Iorio, studentessa