Léonard, puoi raccontarci qualcosa di te e della tua vita?
Sono nato a Bouar, nel quartiere Lokoti. Nel 1975, a 11 anni, sono arrivato a Baoro, dove Suor Giustina mi ha insegnato il catechismo. Ho studiato in Seminario a Berberati. Nel 1983 ho iniziato il servizio di aiuto catechista nel villaggio di Kouisso Baguera, a 7 km da Baoro. Alla S. Messa della domenica, presiedevo la preghiera e distribuivo la Comunione. Suor Giustina e Suor Biagina mi aiutavano nell’insegnamento del catechismo. Il padre missionario responsabile del villaggio all’epoca era P. Carlo Cencio. Mi sono sposato nel 1985 e, una settimana dopo il matrimonio, sono partito insieme a mia moglie per Bocaranga, dove per un anno ho frequentato la scuola per catechisti. Ho prestato il mio servizio in vari villaggi. Il primo è stato Gaba. Mi ricordo che partivo a piedi da Kouisso Baguera per raggiungere questo villaggio che distava 14 km.
In cosa consiste il lavoro di catechista?
Il primo impegno di un catechista è la preghiera. Se sei un uomo di preghiera, i cristiani ti seguiranno, soprattutto nei momenti di difficoltà. Ogni giorno, al mattino presto, recito la preghiera silenziosa cuore a cuore con il Signore. Quando suono la campana, i cristiani arrivano per la preghiera comune.
Il catechista deve risplendere come uno specchio, essere una luce per gli altri che lo osservano, deve indicare la buona strada, insegnare il catechismo, aiutare chi ha bisogno e predicare il Vangelo la domenica.
Stai proseguendo la formazione di catechista?
Sì, grazie alla formazione che i Padri Carmelitani organizzano in Parrocchia, imparo sempre qualcosa di nuovo che cerco poi di trasmettere ai miei alunni. Nel 2018, con P. Dieudonné, ho partecipato a una sessione diocesana, dove si è parlato di auto-finanziamento e come ogni cappella debba autogestirsi. Quando sono tornato al mio villaggio, ho incontrato gli altri catechisti e insieme abbiamo deciso di fare degli incontri detti “Be-oko” (comunione), per cercare di raccogliere fondi per ristrutturare alcune cappelle o per pagare la scuola dei catechisti di Bocaranga. Attualmente sono sempre pronto a dare una mano e ad aiutare chi è in difficoltà.
Com’è visto il catechista all’interno del villaggio?
Il catechista è ben visto perché è una persona di riferimento. Inoltre sono anche il maestro della scuola, quindi tutti i bambini mi conoscono.
Che consigli dai ai cristiani cattolici? Quali sono i vostri rapporti con i protestanti?
A tutti i cristiani dico: “Comportati in modo degno. Se ti arriva qualche disgrazia, non devi comportarti da pagano, disperandoti oppure mettendo degli amuleti”.
Con i cristiani di altre confessioni, ad esempio, a Natale, al mattino tutti celebriamo il culto nelle rispettive cappelle. Verso le 11 ci raduniamo per mangiare e per fare festa tutti insieme. La stessa cosa si fa a Capodanno, per chiedere a Dio il dono della pace.
Quali sono alcune delle difficoltà che hai incontrato nella tua vita?
Le difficoltà nella mia vita non sono mancate. Nel 2000, ad esempio, mia moglie morì di parto insieme a uno dei miei figli. In quei giorni stavamo facendo un corso ai catechisti. A causa del grande dolore, volevo lasciare il mio posto di catechista, ma grazie alla vicinanza e al sostegno di tutti, non mi lasciai abbattere e, come Gesù ci ha insegnato, “presi la mia croce e offrii a Lui la mia sofferenza”. Nel 2020, ebbi un’infezione polmonare e dovetti smettere di insegnare per tre anni. I Padri Dieudonné e Stefano mi accompagnarono all’ospedale di Maïgaro dove fui curato da Suor Giulia. Ora per fortuna sto bene.
E con i cristiani?
Non è sempre facile farsi ascoltare. A volte, quando qualcuno muore, sorgono accuse di “likundu” o “gben”, cioè si incolpa qualcun altro di malocchio, oppure quando ci sono persone che bevono molto e provocano dispute, intervengo subito cercando di far ragionare le persone, facendo capire loro che il loro comportamento è sbagliato.
Che cosa ti procura gioia?
Una gioia è quella del mattino, quando c’è vento e fa freddo, e suono la campana alle 5:30: parecchia gente, viene a pregare prima di andare a lavorare nelle piantagioni. Un’altra gioia è quella di conservare il Santissimo nel Tabernacolo e di poter venire a incontrare Gesù e a pregarlo.
Hai qualche consiglio da dare?
Mi rivolgo soprattutto ai miei colleghi catechisti: anche se le persone non sempre ci vogliono bene, dobbiamo fare come Gesù che sulla croce ha chiesto al Padre di perdonare coloro che “non sanno quello che fanno”.
Siate misericordiosi, perdonate sempre, non portate rancore, siate sempre fedeli alla chiamata di Dio, amando coloro che ci rifiutano e pregando per loro.
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