Leggi la prima puntata dello speciale sui 50 anni di missione

Riportiamo di seguito le pagine dei diari di Padre Nicolò Ellena (1923 – 2019), missionario carmelitano prima in Giappone e poi nella Repubblica Centrafricana dal 1971 al 2013, ci riportano indietro nel tempo, ai primi anni della missione.

 a cura di Ivana Vitrotto Gallino

Il “labi”. Rito che segna il passaggio nell’età adulta

29 dicembre 1971, mercoledì, Sarki. Partiamo per Sarki e poi proseguiamo verso l’interno della foresta, verso il Camerun, verso gli allevamenti dei Bororo. Incontriamo un “labi”. Gli parliamo, gli chiediamo molte cose. Ha sedici anni, ha un nome di famiglia e modi “labi”. Non può vedere le donne. Deve fare ancora quattro mesi di “labi”, ma ha già fatto un anno e otto mesi. Dopo il “labi” diventano veri uomini. Si tratta cioè di un periodo d’iniziazione tipico della tribù dei Panà. Quando Padre Enzo Canozzi, cappuccino, ha sparato a una tortora e l’ha uccisa, l’abbiamo offerta al “Labi”, ma l’ha rifiutata perché gli sono proibiti gli uccelli e i serpenti. L’ha data al fratello, vestito col suo tipico perizoma di funicelle.

I “Matti”

18 aprile 1982, domenica, Bossentelé. Nel pomeriggio vengono a chiamarmi due donne della casa e famiglia del pastore qui vicino: dicono che un loro giovane famigliare parla di continuo, è matto… chiedono di andarlo a trovare, prima rifiuto, poi vado. Lo trovo legato mani e piedi con ceppi, corde e lucchetto, inveisce contro di me e la missione, parla, parla. Lo lascio dire, lo consolo poi un po’, ma vedo che non c’è nulla da fare. Mi fa gran pena la famiglia attorno, muta davanti a questa tragedia.

Viene poi una donna qui in casa per farsi scrivere un certificato di battesimo; senza marito, con figli, è “protetta” qui da un gendarme, già con due mogli.

19 aprile 1982, lunedì, Bossentelé. Alle 14 la famiglia del “matto” di ieri chiama il marabut, lo stregone-guaritore, per guarirlo: viene, porta due flaconi di una medicina “indiana” apposta contro il “Mamiota”, gliela dà, domanda e riceve quindicimila franchi, e se ne va, dicendo che sarebbe guarito… Dopo un quarto d’ora, lasciato da solo, il povero matto si slega mani e piedi e scappa nella savana: tutti sono ora alla sua ricerca. Dicono che fumava la droga, da tempo… ed è proprio così, ma il marabout si è intascato i soldi e l’altro se n’è andato! Tragicamente…

13 febbraio 1994, Bossentelé – Dobere. Carico due scatoloni di vestiti e parto per Dobere alle 6.30. Strada che peggiora ogni giorno di più, ormai è come una lastra ondulata fino a Baoro, con certi tratti paurosi… Naturalmente nessuno pensa a far nulla. A Dobere trovo la cappella ormai senza muri, il tetto sta su per miracolo e si è preparato uno spazio per me e la gente, per la Messa.

Aspetto seduto presso l’altare, quando sento grida e gente che corre dietro a un tale totalmente nudo, giovane, che pur preso più volte da 4-5 persone, si svincola sempre: un pazzo che ha tenuto in allarme e paura tutto il villaggio correndo qua e là e urlando da ieri e per tutta la notte. Nudo com’è, senza minacce entra in cappella, si mette in ginocchio dinanzi all’altare e… prega, a modo suo, ma è tranquillo. Io sono seduto lì vicino, non gli dico niente: la gente accorre da ogni parte, pensando e temendo che il pover’uomo mi faccia chissà che cosa… Dopo un po’ si alza e mi dice calmo: «Ora vado a vestirmi, poi vengo qui a pregare con te, padre». Lo saluto e va…

La gente entra un po’ per volta e prepariamo la Messa. Prima che inizi, il “tipo” rientra, una scarpa al piede, l’altra in una mano alzata; l’altra mano è impegnata nel tenere il manico bel tondo di una quasi elegante canna di ombrello, completa di molle… che l’amico utilizza con ampi semicerchi a battere il tempo col tamtam, per ritmare gli inni religiosi, e nei momenti più concitati fa roteare davanti a sé e ai lati la sua bacchetta. La gente non se lo fa dire di portare a debita distanza la moglie cattolica (mentre mi dicono che il tipo è cristiano battista), che è lì con due bambinette, impietrita dalla paura e dalla vergogna; mi fa una pena indicibile: una vita ormai fallita e rovinata per sempre. Il buon uomo (sui venticinque anni) è stato in piedi per tutta la Messa (predica compresa), testa alta, sguardo fisso, lontano, ciabatta sempre in mano, sperduto nel suo nuovo nebuloso mondo. Non ci ha disturbato affatto. Se non c’era “il padre” presente, nessuno sarebbe venuto in cappella oggi. Invece dopo Messa, il tipo se n’è andato, senza scenate… Non ne so però il seguito. L’ho messo nelle mani della Madonna. Una povera moglie e poveri figlioletti. Il “marito” e papà sarà messo al bando da tutti e per sempre. Dopo Messa “vendo” vestiti sotto un mango, assediato e stiracchiato da ogni parte, con scene incredibili di violenza e insulti per chi riusciva ad accalappiare la “presa”.

La lingua locale: il sango

Oltre a conoscere il francese, l’inglese e il giapponese, devo ora imparare il sango. Quotidianamente annoto nuovi vocaboli:

Affluente → Sanga;

Agile → Yapou;

Anello → Bingui;

Angolo → Mboundou;

Anitra → Libebe;

Antico → Ngbele – Ti guilili;

Antilope → Tagba – Bita;

Arco → Koundi – Kounde

Arcobaleno → Bakourou – Kongo;

Ascia → Do – Kongo Kpoka;

Ateo → Fidelisi – Zo ti kengo Nzapa;

Avaro → Kyon.

 

(Continua…)

Padre Nicolò Ellena, ocd