Destinazione Bangui, capitale del Centrafrica. Ho cercato di prepararmi al meglio in questi ultimi mesi per intraprendere il viaggio che sento di voler fare ormai da anni. In valigia ho messo alcuni indumenti e le poche cose necessarie per un soggiorno di una quindicina di giorni. Con me però ho molti quaderni, penne e anche bolle di sapone da regalare ai bambini della missione. Porto addosso la voglia di immergermi in un mondo a me totalmente sconosciuto e del quale ho imparato qualcosa dai racconti dei padri carmelitani che ho avuto modo di conoscere durante il corso di preparazione. Mi chiedo se sarò all’altezza della situazione dal momento che ho solo diciotto anni, per altro compiuti da poco. Ma i miei timori durano pochissimo grazie alla compagnia di persone speciali che mi stanno accanto come Guido, Maria, Gianluca, James e ovviamente P. Davide, a me vicini come angeli custodi.

Il volo Malpensa – Bangui mi è parso interminabile e la jeep di P. Aurelio ci “fa volare” a Baoro, dove arriviamo in serata: finalmente in Centrafrica! Al termine della cena, i volontari, i frati e io ci riuniamo in cerchio e parliamo. Cerco di capire quale compito compierò nei prossimi giorni: aiuterò a imbiancare alcuni locali della parrocchia. Vista la mia giovane età penso di avere meno esperienza rispetto agli adulti che sono con me per cui decido di mettermi a loro completa disposizione seguendo un motto a me caro di Shakespeare e che recita: “Fai quel che puoi, con quello che hai, nel posto in cui sei”. Con Gianluca e James abbiamo costruito una bella squadra di imbianchini intraprendenti e contenti. Il tempo trascorso con loro mi ha permesso di conoscerli più a fondo e di prendere sempre più confidenza con la popolazione. Sono felice di essere stata accolta da tutti con infinita dolcezza e con tanti sorrisi. Non conosco la lingua francese, né il sango, la lingua locale, di cui ho appreso giusto quattro o cinque parole. Non importa. Qui la comunicazione è molto semplice, essenziale priva di quelle “sovrastrutture” che ci sono da noi. Ci aiuta il corpo: uno sguardo, un sorriso, una stretta di mano, un abbraccio. Ti arriva dritto al cuore il calore umano che fatico a sentire nella mia vita quotidiana perché la gente è come assorbita dalla frenesia non presta attenzione a chi le sta vicino.

Anche qui in Africa il tempo scorre, ma lento e insegna ad assaporare ogni istante. Con Maria, che tutti chiamano “maman Marie”, abbiamo incontrato molti bambini. Desiderano essere presi in braccio e farsi fotografare. Regaliamo loro le bolle di sapone. La gioia che ho visto nell’espressione di questi piccoli non riesco a descriverla a parole, ma francamente è un’immagine che mi accompagna ancora adesso se chiudo gli occhi e penso a loro. È solo un gioco, ma quanta gratitudine e riconoscenza hanno mostrato quei volti così luminosi e pieni di vitalità! Io e miei amici siamo molto fortunati, ma purtroppo, il più delle volte, è come se ciò che abbiamo fosse scontato. Solo il fatto di andare a scuola, di poter studiare e arrivare a frequentare l’università dovrebbe farci essere felici. Invece spesso prevalgono sentimenti negativi che di fronte a tanta povertà mi sembrano davvero ingiustificati. La vita della popolazione è davvero dura. Vedo per esempio le bambine portare sulle spalle i fratellini più piccoli, mentre i genitori sono impegnati a lavorare oppure a trasportare legna o cestini pesanti sul capo. Eppure, arriva anche in Africa il giorno del riposo, la domenica, che si trasforma in una giornata di festa e condivisione. La gente, che durante la settimana indossa abiti molto semplici e da lavoro, mette vestiti coloratissimi e dalla fattura molto ricca grazie ai volants e alle rouges. Vengono calzate, ovviamente per chi le ha, le scarpe anziché le ciabatte. La Santa Messa, celebrata nella chiesa della missione, riflette molto bene la solennità, grazie ai numerosissimi canti e balli che coinvolgono tutti. Mi sorge spontaneo il confronto con le funzioni celebrate al mio paese, partecipate ormai da pochi fedeli e accompagnate da timidi canti. Al termine della cerimonia religiosa i fedeli non scappano via, ma si trattengono a conversare con tranquillità. P. Aurelio dice che l’istruzione è fondamentale per i ragazzi e occorre investire moltissime risorse per questa giusta causa. Lo ammiro molto per quello che fa a favore di tutte le persone che incontra. È un modello da imitare per la sua cultura, per la sua capacità di accogliere tutti e di saper risolvere problemi di varia natura. Ovviamente non posso non citare l’accoglienza e la generosità di tutti i padri carmelitani che ho incontrato e delle suore, sempre sorridenti. Mi hanno fatto sentire come a casa. Ora sono ritornata alle solite abitudini: casa, scuola, amici, ma questa esperienza, che spero di rivivere anche l’anno prossimo, mi ha sicuramente fatto capire il valore delle cose e l’importanza dell’aiuto verso il prossimo. Ho imparato a non attribuire importanza alle futilità e a non farmi coinvolgere dall’omologazione che purtroppo caratterizza la mia generazione. Papa Francesco a noi giovani dice di non avere paura, ma coraggio perché siamo protetti dall’amore di Dio.

Lucia Castellucci