A due anni dall’esplosione, il ritorno di P. Norberto nella sua comunità
P. Norberto, sei felice di essere tornato in missione?
Sì, sono di nuovo in Africa, dopo due anni. Sono partito da Arenzano con la gioia di tornare, sicuro e contento perché avrei rivisto le persone con cui avevo tanto lavorato in parrocchia e nei villaggi. Ci ho pensato molto in questi lunghi mesi, ma alla fine ho preso la decisione di partire dopo che un amico muratore mi ha detto che voleva venire in Repubblica Centrafricana per terminare la chiesetta che avevo iniziato a costruire prima dell’incidente. E allora gli ho detto: “Sì, vengo anch’io con te!”.
Come ti ha accolto la “tua” gente?
Quando sono arrivato a Bozoum, ho ricevuto una bellissima accoglienza. Dal primo giorno i bambini, curiosi di vedere “il padre con la barba”, sono venuti a salutarmi. Tutti mi hanno accolto con grandi sorrisi e abbracci, hanno cantato e danzato e sono venuti alla Messa della domenica felici di rivedermi. Ho sentito forte l’affetto della gente che conta sul nostro aiuto. Ho anche ripreso il lavoro con gli operai della missione. La gamba, nonostante la protesi, non mi permette di fare tutto quello che vorrei. Ad Arenzano avevo più occasioni per riposarmi e stare seduto. Qui invece non ci riesco. Sono sempre in piedi, mi sposto molto e faccio un po’ fatica, ma vado avanti lo stesso. Qualche volta la mattina mi sveglio con un po’ di dolore e ricordo tutto quello che è successo, ma spero che presto la situazione migliori.
Come sono stati gli ultimi due anni? Ci sono stati momenti più difficili?
Non è stato un periodo facile, anche se sono riuscito ad affrontare tutto con grande pazienza e serenità. Il percorso di guarigione è stato lungo e faticoso. I primi sei mesi dopo lo scoppio della mina li ho trascorsi in pratica sempre a letto. Stavo fermo tutto il giorno, senza mai potermi alzare. Poi ho iniziato a fare un po’ di fisioterapia, che mi ha aiutato a recuperare muscolatura e a camminare, anche se con le stampelle. Ricordo che mi sollevavano dal letto con un’imbragatura e mi mettevano sulla carrozzina per fare la terapia a braccia e gambe. Le cose sono migliorate quando siamo riusciti a trovare una protesi per il mio piede. All’inizio la potevo indossare solo poche ore, perché si formavano delle fastidiose bolle sulla pelle, poi un giorno mi sono reso conto che riuscivo tenerla di più e così sono tornato a camminare da solo. Un processo lungo e delicato, passo dopo passo, che mi ha portato oggi a essere in grado di muovermi autonomamente e di fare quasi tutto quello che facevo prima dell’incidente. Spiritualmente ho accettato tutto quello che il Signore mi ha messo davanti. Nel Santuario di Gesù Bambino, ad Arenzano, ho svolto tutti i piccoli compiti che mi erano assegnati, anche se non potevo celebrare Messa ero comunque presente in chiesa anche sulla carrozzina, accanto all’altare. I miei confratelli mi hanno sempre coinvolto nelle occasioni liturgiche e non mi hanno mai fatto sentire solo.
Ripercorrere le strade della Repubblica Centrafricana ti ha ricordato il giorno dell’incidente? Hai paura?
Tornando qui, dove tutto è accaduto, non posso non pensare alla mina che è scoppiata il 10 febbraio 2023 e che mi ha “portato via” un piede. Non ho paura, anche se i banditi continuano a disseminare le strade di ordigni esplosivi.
Cerco di evitare i percorsi a rischio perché ho già perso un piede, non voglio certo perderne un altro! Sono sereno e tranquillo, oggi come allora. Non provo nessun sentimento di ribellione o di odio perché non ho mai pensato di non camminare più. Ho detto: “È successo a me, la mia vita cambierà, ma ho cercato di accettarlo. Il Signore mi ha assistito e ha voluto che vivessi ancora e sono certo che mi assisterà anche in futuro per continuare a fare cose per Lui”. Tanti mi hanno chiesto se ho perdonato quei banditi. Oggi posso dire che non li ho perdonati perché non li ho mai condannati per le loro azioni. Ho sempre considerato che, essendo banditi, fanno il loro “lavoro”.
C’è un messaggio che vorresti inviare a tutti dal Centrafrica in quest’anno giubilare?
In quest’anno giubilare, il mio messaggio che parte dal cuore dell’Africa, è quello di pregare per domandare a Gesù un cuore nuovo. Il nostro è un mondo povero, indifferente che pensa a se stesso e non aiuta gli altri. Un mondo lontano da Dio. Con quest’anno giubilare è bene pregare perché il Signore aiuti l’uomo a far sì che si prenda cura di se stesso e del mondo. La nostra vita è nelle Sue mani.
Un tuo pensiero personale dopo quello che ti è successo?
Ogni giorno porto nel cuore il desiderio di portare avanti l’opera iniziata insieme ai confratelli tanti anni fa e che con gioia, nonostante gli eventi, continuerò sempre a sostenere, sia nella missione, sia nei villaggi più poveri e sperduti.