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Immersa nel verde di piante tropicali e palme, la “Scuola Agricola Carmel”, aperta a Bangui nel novembre 2020, è al secondo anno di corsi. Siamo entrati in classe e abbiamo partecipato alle lezioni. Oggi s’insegna come produrre il cotone, a cosa serve, quali utilizzi nel cucito, nella farmacia, in ambito militare e anche alimentare.

Gli alunni, ventuno nel primo anno e trentadue nel secondo, ascoltano con attenzione i prof. Daniel Zengba e Beldje Bedogo. Molti giovani sognano un futuro “conquistato” con le proprie mani, allevando e coltivando. Altri, già adulti, vogliono apprendere tecniche nuove dopo anni di lavoro nei campi. E c’è anche chi riesce a “incastrare” il proprio lavoro in ufficio con le ore di lezione. Una scuola per tutte le età. C’è anche chi, in vista della pensione, vuole imparare come investire in un piccolo allevamento i risparmi di una vita. La terra dà una possibilità a tutti, giovani e adulti, uomini e donne, senza alcuna distinzione.

Tra gli alunni anche Merveille, Epiphanie, Mylène, Mélissa… ragazze intenzionate a non rimanere indietro.

Ci rendiamo conto quanto le spiegazioni incontrino davvero l’interesse dei ragazzi. E quando la lezione sarebbe finita, gli alunni trattengono il prof con numerose domande. Gli insegnanti hanno alle spalle davvero molta esperienza da trasmettere.

Proprio mentre siamo nella scuola arriva un giovane per iscriversi all’anno in corso. Il Direttore Scolastico accoglie la domanda e P. Arland lo accompagna per un tour nelle coltivazioni della scuola.

 “Siamo qui per imparare e per portare avanti il nostro Paese”, spiega Merveille, giovane ed espansiva, “e m’interessa l’allevamento. Penso sia redditizio e risponda alla domanda di cibo”.

Epiphanie, ragazza con le idee chiare, incalza: “Molti pensano che l’agricoltura sia solo un ripiego per chi ha perso la scuola, ma se guardiamo bene, il nostro Paese ruota attorno all’agricoltura. Ho accettato di venire qui perché credo nell’opportunità che ci offrono i Carmelitani – aggiunge ancora Epiphanie. Nella nostra nazione c’è molta terra incolta, eppure tutto è importato dall’estero, anche i prodotti base e semplici come i pomodori. Quando le frontiere sono state chiuse, i mercati locali hanno sofferto. Questa scuola ci aiuta ad avere una visione chiara. Molti giovani come noi, stanno fermi nel quartiere mentre qui le lezioni sono interessanti”.

A Cyrus, adolescente dallo sguardo curioso, interessa la Scuola Agricola perché apre gli occhi della popolazione alla conoscenza e allo sviluppo.

Alla domanda provocatoria: “Ma i vostri sforzi rimarranno teorici?” scuotono il capo e assicurano che le fatiche sono già una realtà. Ognuno sta coltivando una parcella di terra e tocca con mano le difficoltà del lavoro contadino.

Zéphirin, un giovane timido ma robusto, preferisce i lavori pratici: “In classe non capisco tutto, ma quando sono nel campo mi trovo a mio agio e riesco più facilmente a fare che a studiare”.

Quali difficoltà s’incontrano? Le mani si alzano, gli esempi si sprecano: attrezzature non sufficienti. Mancanza di pale, stivali, carriole… Ci vorrebbe una biblioteca per consultare dizionari di botanica.

Hanno frequentato lezioni di orticoltura e agricoltura alle quali sono seguite ore di pratica. Ma le nozioni apprese sulla pescicoltura e l’allevamento di maiali, non hanno ancora trovato riscontro concreto nei bacini o vasche per piscicoltura, né in una vera porcilaia. Un allevamento ittico in Centrafrica sembra ancora lontano e ci si pone domande se potrà mai funzionare. Sapranno costruire in questa terra quello che già si fa in altri Paesi del mondo? Questi giovani sono chiamati in causa per dare una risposta.

Quando la nostra chiacchierata sembra chiusa e passiamo ai saluti… Una ragazza, ancora una voce femminile, condivide una vibrante preoccupazione: “Padre, quest’anno finiremo questa scuola dove abbiamo imparato molte cose. Quando usciremo, avremo nuove idee, ma non necessari mezzi economici per realizzarle. Io volevo costruire un pollaio. Ho chiesto un preventivo a un muratore. Mi costerà un milione di Franchi CFA (poco più di 1.500 €). L’ho fatto vedere alla mia famiglia. Mi hanno risposto che è una buona idea, ma non abbiamo i mezzi. Presto mi ritroverò solo con delle conoscenze…”.

È troppo bello e sincero l’entusiasmo con cui sollevano queste domande e sarebbe un peccato lasciarle irrisolte. Ogni sforzo va raccolto perché non vada perso. Incoraggiato dall’esempio di un’altra scuola tecnica, quella di meccanica, che da decenni abbiamo in un’altra missione, a Baoro, ne propongo il modello: alla fine dell’anno gli alunni migliori sono premiati con un kit di utensili. Un premio non in denaro, ma in attrezzature. Si potrebbe dare un incoraggiamento simile anche per la Scuola Agricola?

Effettivamente ogni alunno (quest’anno trentadue di loro finiranno il ciclo scolastico!) dovrà affrontare questo scoglio. Vista la richiesta di Merveille, come sostenere l’avviamento di un’attività?

Le belle idee non costano nulla, ma perché diventino realtà gli alunni devono fare bene un piccolo piano economico, con dati e cifre precise. Meriterebbe sostenere i progetti che si distinguono. Il finanziamento potrebbe essere erogato in due parti in modo che lo studente riceva la seconda parte  solo dopo aver documentato la realizzazione della prima parte. Il 50% del finanziamento potrebbe essere a fondo perduto, quindi da non restituire, mentre il restante 50% si potrebbe rendere alla scuola, in un intervallo di tempo adeguato. I progetti è bene che siano pensati perché l’attività diventi sostenibile, cioè auto-finanziata, con i ricavi dell’attività stessa.

Sarebbe un’iniziativa che stimola a concretizzare le idee. Chissà se a scuola s’imparano solo nozioni oppure qualcosa di più?

P. Davide Sollami