di Federico Materazzi

Parto alla volta di Bangui, Repubblica Centrafricana, accompagnando padre Davide che visiterà le cinque missioni carmelitane. Ecco la mia “missione”: forte dell’esperienza professionale acquisita in passato cercherò di dare un contributo all’organizzazione e alle attività commerciali locali. La curiosità é tanta così come l’emozione di ritrovarmi in Africa dopo molti anni e, non ultima, la voglia di rendermi utile. Certo, una missione cattolica non è un’azienda, dove il conseguimento del profitto rimane l’obiettivo principale, tuttavia alcuni aspetti fondamentali sono gli stessi e quindi sono ottimista, dovrei riuscire ad aggiungere valore. Faccio invece poco affidamento sui miei studi di Agraria, ormai un vago ricordo di oltre trenta anni fa…

Al Carmelo di Bangui

Prima tappa il Carmelo di Bangui, caposaldo delle missioni Carmelitane, una bella realtà di 130 ettari, con coltivazione e produzione di olio di palma, teak, frutteto, allevamento di bestiame e produzione di mattoni autobloccanti. Vengo accolto calorosamente da tutti, lavoro con padre Davide alla preparazione del prossimo container di oggetti di artigianato locale in partenza per Genova – non avrei mai pensato che pesassero tanto! – ed intervisto i principali responsabili circa le varie attività.

Non posso nascondere l’ammirazione ed evitare di complimentarmi con tutti quelli che hanno reso possibile la creazione di questa oasi di tranquillità, lavoro e quindi benessere per la popolazione locale, che tanto ha sofferto per la guerra civile, l’avidità e corruttibilità dei governanti, maggiormente interessati all’arricchimento personale che non al benessere dei propri elettori. Incontro anche l’ormai leggendario padre Aurelio Gazzera che, dopo oltre 300 km di guida stile Parigi – Dakar, mi deposita, insieme a padre Davide, alla missione di Bozoum, avamposto carmelitano e sua base operativa, situato a circa 300 km a Nord di Bangui, non lontano dal confine con il Camerun.

La Missione di Bozoum e la CEC

Qui mi aspetta la sfida più impegnativa della mia permanenza e cioè visitare e analizzare l’attività della CEC, la locale Cassa di Risparmio e Credito. Nella mia “vita” precedente i rapporti con le banche erano tenuti dal responsabile amministrativo per cui, oltre al buon senso e l’esperienza da utente, non ho molto da mettere in campo. Prima di tutto, vediamo di cosa si tratta: fondata undici anni fa, precisamente nel luglio del 2007, per stimolare il microcredito, conta oggi cinque filiali, 3000 clienti tra cui Imprese, ONG, Cooperative, ma i piccoli risparmiatori rappresentano il grosso degli utenti. Il direttore, Christin Briand Djimong, mi accoglie gentilmente nel suo ufficio – che condivide con il Responsabile Amministrativo – e che misura tre metri per tre, molto sobrio e dove ogni centimetro è sfruttato al meglio. Mi sorge spontaneo il confronto di questa realtà con quella del mio ultimo ufficio e mi tornano in mente le lamentele di alcuni miei collaboratori perché avevano una finestra in meno oppure non avevano la pianta come arredamento!

Come farebbe bene a molti una visita a queste realtà per essere felici e contenti di quello che abbiamo.

Inizio la mia chiacchierata e posso apprezzare subito la professionalità e competenza di Christin, che risponde senza esitazione ed esaurientemente alle mie domande. Ne viene fuori un quadro piuttosto lusinghiero circa l’organizzazione e i processi in atto e mi posso rendere conto dell’importanza fondamentale che questa Cassa riveste per la popolazione locale. L’accesso al microcredito permette a coloro che hanno un’idea imprenditoriale, siano essi agricoltori, artigiani oppure commercianti, di sviluppare oppure addirittura avviare un’attività, generando occupazione e quindi benessere, in un contesto lavorativo avaro di opportunità. Ovviamente questi microcrediti vengono concessi a fronte di alcune condizioni: apertura di un conto corrente presso la CEC con una somma ragionevole, accoglimento della richiesta da parte del Comitato interno che valuta le garanzie personali del richiedente; la sponsorizzazione di un garante, anche lui cliente del CEC. Il processo è molto razionale e, all’occorrenza, è presente anche un Comitato di Recupero Crediti (Comité de Recouvrement) che mi risulta non sia dovuto intervenire molto spesso, a riprova della bontà del processo di selezione ed erogazione del credito. Ricevono molte domande e, purtroppo, non riescono a soddisfarle tutte per mancanza di fondi. Sarebbe opportuno che la cooperazione internazionale, a fianco dei vari interventi strutturali (ospedali, scuole etc.), sempre utili, prendesse maggiormente in considerazione questa strada che è, a mio avviso, importante per stimolare il progresso non solo della Repubblica Centrafricana, ma anche di tutto il continente africano. La CEC assicura poi il trasferimento e messa a disposizione di denaro presso le varie filiali sul territorio, attività non trascurabile data la relativa insicurezza dei trasferimenti stradali. Una volta all’anno un agente commerciale setaccia il territorio per generare nuovi clienti promuovendo i servizi della CEC. Si lavora con un budget annuale, discretamente articolato, e i costi di gestione sono conosciuti e tenuti sotto controllo.

Un percorso difficile

Cari Lettori, per farla breve, non ho avuto molto da suggerire a quanto Christin mi raccontava! Una volta terminato l’incontro, ho condiviso il mio apprezzamento con i padri Davide e Aurelio, anche in considerazione del fatto che i principali concorrenti della CEC sono la Banque Populaire du Maroc, la Banque Saharienne (Libia) ed Ecobanque (Francia), insomma tutte realtà con spalle piuttosto robuste e con svariati anni di esperienza specifica alle spalle. Pensate a quanta strada è stata fatta in undici anni e che iniziativa intelligente e lungimirante si stia rivelando. Posso solo immaginare le difficoltà e resistenze iniziali, a riprova della tenacia e perseveranza dei principali attori. Bravi e complimenti ancora una volta.

E comunque, visto che non sono un uomo di banca, una volta rientrato a casa, ho voluto confrontarmi con un mio amico bancario, che ha confermato la mia impressione molto positiva. Visto che il fattore che limita la crescita della CEC è rappresentato dalla relativa mancanza di fondi, si tratta quindi di trovarli. A questo proposito ne sto parlando con padre Davide per cercare di trovare una strada idonea presso le organizzazioni internazionali. Sarebbe bello ritornare da Christin con in mano un bell’assegno destinato ad aumentare gli impieghi della CEC, ringraziandolo così per il tempo speso con me!

La Festa di Fine Corso della scuola

Durante la mia permanenza a Bozoum ho anche potuto assistere alla festa di fine corso degli alunni delle varie classi della scuola, che si sono esibiti con bravura in diversi spettacoli musicali e, non ultima, la partita di calcio che ha opposto la squadra dell’orfanotrofio contro un’avversaria di cui non ricordo purtroppo il nome. Quanta allegria e gioia in questi bambini, alcuni dei quali si erano equamente divisi le scarpette, nel senso che dello stesso paio uno usava la scarpa destra e un altro la scarpa sinistra! Eppure giocavano spensierati.

Queste situazioni mi hanno fatto riflettere sulla nostra società dei consumi e del superfluo. Siamo bombardati da stimoli per acquistare spesso cose che non servono, mentre in altre parti del mondo dei bambini non hanno nemmeno le scarpe per giocare a calcio o, peggio, per camminare.
Per concludere, è stata una bella esperienza, molto istruttiva sul piano personale, e che mi permetto di raccomandare: si torna a casa con una diversa prospettiva della vita quotidiana e con la sensazione di essersi resi utili. Con i tempi che corrono, non è poco!